Il Gonzaga in pillole: “La rivalsa delle donne di Boccaccio”, di Giorgia Panella

Il Decameron di Giovanni Boccaccio è la rappresentazione di una società in profonda trasformazione, nella fattispecie quella italiana del trecento: gli eroi non sono idealizzati ma umili e per la prima volta parlano la lingua della gente comune, anche delle donne come Pampinea, Filomena, Neifile, Fiammetta, Elissa, Lauretta ed Emilia, che rappresentano i diversi profili di donna nel ‘300.
Nel corso del Medioevo la donna era sotto tutela del padre e poi del marito, tappa fondamentale era di conseguenza il matrimonio, coronamento di un accordo tra due famiglie e non di una relazione amorosa. Uno dei tre modi per definire una donna era quindi il suo essere sposata, vergine o vedova. Boccaccio è uno dei primi ad accorgersi di vivere in una società patriarcale retta da uomini e nella sua opera notiamo una velata lamentela rivolta all’egemonia maschile. È nella prima novella della quarta giornata (amori con esito infelice), che Boccaccio evidenzia come il vero amore sia negato agli uomini che devono sottostare alle leggi della società ed elevando le donne a protagoniste delle sue novelle, lascia intendere la sua intenzione di svelare le qualità del genere femminile, donando dignità a personaggi non più sottoposti all’uomo, ma autonomi e in grado di poter esprimere in prima persona pensieri e sentimenti, contrariamente a quanto accadeva nella società medievale. Per questo motivo Boccaccio porta una ventata di freschezza, guardando al presente con ottimismo, scorgendo conquista, realizzazione e mobilismo sociale, raccontando la realtà storica della nuova classe dirigente fiorentina, anticipando con le sue rappresentazioni umane dinamiche attualmente presenti nella società.
Boccaccio ha una concezione naturalistica dell’amore, forza sana e positiva, che è assurdo e vano fermare o reprimere, poiché porle fine è una colpa che può generare sofferenza e morte.
Le visioni amorose dell’autore sono cinque:
1. Fonte dell’ingentilimento, che porta individui rozzi ad una superiore altezza d’animo
2. Stimolo all’industria, che aguzza le capacità dell’individuo per il raggiungimento dei propri fini
3. Divertente e licenzioso, fondato sulla beffa e l’adulterio
4. Tragico, sublime e patetico, come negli amori che parlano di coloro “li cui amori ebbero infelice fine”
5. Carnale, ma contemplato con occhio sereno e sgombro di malizia
Contrariamente a Dante, che tratta della donna, amata, lodata e onorata da tutti, considerata perfetta, angelo degno degli eletti e simbolo di salvezza, Boccaccio apre ad una visione realistica, dà parola alle donne del Decameron e offre una visione futuristica in cui il tratto distintivo non è determinato dal sesso di appartenenza, ma dal pensiero critico.
A dispetto di ciò, oggi, anche nelle evolute nelle società occidentali permane una maschilità egemone e dominante, associata a una serie di caratteristiche e comportamenti considerati “maschili” e che detiene il potere, l’autorevolezza e il prestigio sociale.
Nel 2007, “il Giornale.it” pubblica un articolo sul discorso del politico francese Éric Justin Léon Zemmour, che fa appello alla società maschile ad opporsi all’egemonia femminile, nient’altro che “una gigantesca e piagnucolosa Madame Bovary”, stando alle parole del francese.
Se per Zemmour la realtà del riscatto femminile va rigettata, essa non lo è per Boccaccio che senza alcun complesso di inferiorità che vada a disturbare la virilità, è stato in grado di comprendere 658 anni prima di Zemmour che questo mondo non è al maschile e che il mito della maschilità non è indispensabile né per il successo né per una società egualitaria.
Si tratta del pensiero di due uomini, che parlano delle donne, a distanza di quasi 7 secoli; il più vicino a noi è Boccaccio, che sicuramente, riferendosi alle donne, non si sarebbe mai espresso come Zemmour dicendo: “Hanno gettato il corsetto nelle pattumiere della storia ma, sotto la pressione commerciale della moda, impongono ai loro corpi costrizioni ben peggiori di quell’oggetto d’antiquariato”.

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