“Il lago oltre la collina: un uomo, una donna e una storia speciale”

Capitolo 2

Qualche mese dopo…

Prime ore di un uggioso e fresco mattino di fine Aprile…
L’uomo si tolse il giubbetto color panna ormai zuppo di pioggia, a tal punto da farlo apparire di tutt’altro colore. Lo adagiò con qualche difficoltà nel vano portaoggetti posto sulla sua testa mentre i posti del grosso aereo andavano lentamente riempiendosi.
Il giornale acquistato in aeroporto, venne usato per un vano tentativo di ripararsi la testa e quindi divenne illeggibile e zuppo anch’esso. Quel rumoroso diluvio sembrò entrare fin dentro l’abitacolo dei passeggeri. Anche il piccolo oblò posto alla sua destra, venne letteralmente bombardato da una miriade di gocce sottili di quel fortunale che sembrava non esaurirsi più. Anthony Arnald sapeva bene che New York, sotto quel diluvio era impossibile da vivere. E lo fu anche il suo arrivo in aeroporto. Tanto che il breve trasferimento dal bus passeggeri al velivolo, non gli impedì di prendersi una bella dose di acqua gelida insieme agli altri passeggeri del volo ZU 878 diretto da New York a Montreal.

Se pur comodamente seduto nella sua poltroncina riservata, si distinguevano chiaramente i boati e le luminarie intermittenti dei temporali che assediavano la zona metropolitana già da diverso tempo. Si lasciava alle spalle un periodo infernale di lavoro e di impegni. L’America affondava nelle lacrime dei giovani che morivano a migliaia in quel Vietnam che sarebbe dovuto essere il riscatto americano. Ma si stava dimostrando, nella sua realtà più dura e tragica, tutt’altro.

“Mi scusi, si allacci la cintura…”. La gradevole e gentile presenza della hostess, favorì il brusco taglio di pensieri che in parte gli
generavano ansia. Dopo pochi minuti, l’aereo iniziò la corsa verso quel decollo tanto atteso.
Fece uno dei suoi lunghi respiri imparati da un libro orientale sulle tecniche di rilassamento.
Non lo ammetteva mai ma la sua paura di volare era tremenda, palpabile. Gli si leggeva sul volto, anche se ostentava a forza un’apparente falsa sicurezza.

Riuscì in effetti a rilassarsi. Poi si voltò verso il passeggero che era al suo fianco visibilmente preoccupato dalle condizioni meteo:
“Stia tranquillo, se cadiamo non ci accorgeremo della pioggia…”.
Il volto dell’uomo, dopo le affermazioni di Anthony, sbiancò ulteriormente, dietro la sarcastica risata del professionista. Pochi minuti dopo, l’aereo squarciò le folte e grigie nuvole di quel temporale e i raggi di un sole rassicurante, illuminarono le ansie dei
passeggeri, oltre alla fusoliera grigia.
Tutto sembrò distendersi. A tal punto che uno strano silenzio invase il corridoio dell’abitacolo.
Anche l’uomo seduto al fianco del giornalista finalmente trovò pace. Il viaggio proseguì quindi sereno…
Il tortuoso percorso che da Montreal si arrampicava sui monti più alti del Canada e che conduceva al centro montano di Jeson Valley, non fece “vittime” illustri durante quel viaggio notturno in autobus. La maggior parte degli occupanti dell’angusto mezzo ne approfittò per dormire, russando sonoramente.

L’arrivo rispettò la tabella di marcia e fu più o meno come Anthony lo immaginava. Quel viaggio fu lungo e decisamente stancante ma si era organizzato per bene. Riviste, il suo fedelissimo diario, noccioline e un cappello con una larga falda sul davanti che gli avrebbe permesso di dormire senza essere disturbato.

Per chi conosceva bene lo stimato giornalista Anthony Arnald, vestito in quell’abbigliamento decisamente casual, quasi si sarebbe sorpreso nel riconoscerlo. Abituati a vederlo nei suoi vestiti eleganti, spesso scuri con camicia bianca e cravatta a riporto si sentì ringiovanito in quei pantaloni chiari e il maglioncino a collo alto.
Tutto ciò faceva parte di quella decisione presa da molto tempo addietro. E che gli impose di staccare la spina da tutto e tutti. Vestiti eleganti, scartoffie, interviste e noiose cene incluse.
Tra gli scossoni generati dalle ultime curve, il rallentare del mezzo divenne sicuramente un sollievo incredibile e atteso da molti. Una ventata di aria gelida invase l’interno del mezzo all’apertura delle piccole porte meccaniche.
Quelli seduti tra le prime poltroncine avvertirono nettamente il cambio della temperatura. Fuori intanto iniziava ad
albeggiare…

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Now, here in Manhattan, the spell is broken, and we live again! We are defenders of the night! We are Gargoyles! Scout troop short a child, Khrushchev’s due at Idelwyld… Car 54, where are you? Harlem that’s backed up.

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