L’analisi dei beneficiari della Carta Dedicata a Te nel comune di Chieti evidenzia una realtà allarmante: le persone nate negli anni ’80 e ’90 costituiscono la maggioranza di coloro che beneficiano del sostegno. Queste generazioni, che oggi dovrebbero essere nel pieno della loro attività lavorativa e produttiva, si trovano invece in una condizione di vulnerabilità economica. Dall’analisi della lista dei beneficiari emerge infatti che oltre il 60% appartiene a persone nate tra il 1980 e il 1990, mentre circa il 30% è composto da persone nate prima degli anni ’70. Le generazioni più giovani, quelle nate dopo il 2000, rappresentano una minoranza – meno del 10% – ma sono comunque presenti, dimostrando come il problema sia trasversale, pur colpendo in modo più acuto i nati negli anni ’80 e ’90.
Questi dati offrono un quadro chiaro di come la stagnazione salariale e la precarietà lavorativa abbiano colpito duramente proprio quelle fasce della popolazione che dovrebbero trovarsi nel momento di massimo sviluppo professionale. I lavoratori nati negli anni ’80, nonostante siano occupati, sono i più esposti alla condizione dei “working poor”, ovvero coloro che lavorano ma non riescono a garantire una vita dignitosa a sé stessi e alle loro famiglie.
A livello nazionale, la situazione è altrettanto preoccupante: tra il 1991 e il 2022, i salari in Italia sono cresciuti di appena l’1%, mentre nei Paesi OCSE la crescita media è stata del 32,5%. Questo divario ha aumentato il rischio di povertà per le nuove generazioni, in particolare per quelle nate negli anni ’80 e ’90, che si trovano a vivere senza una prospettiva concreta di miglioramento delle loro condizioni economiche.
L’analisi demografica dei beneficiari della Carta a Chieti conferma che la fascia d’età tra i 30 e i 40 anni è la più colpita dal fenomeno dei working poor, con la maggior parte dei beneficiari rientranti in questa categoria. Queste persone, pur rappresentando una parte significativa della forza lavoro del Paese, si trovano intrappolate in un mercato che non offre né stabilità né opportunità di crescita salariale. Il fenomeno dei contratti a termine, part-time o atipici ha colpito duramente queste generazioni, che non riescono a costruire una sicurezza economica né per il presente né per il futuro.
Un altro aspetto cruciale riguarda il loro futuro pensionistico. Il sistema contributivo italiano, basato sui versamenti effettuati durante la vita lavorativa, non garantisce una pensione adeguata a chi ha avuto carriere caratterizzate da salari bassi e contratti intermittenti. Le generazioni nate negli anni ’80 e ’90 rischiano, quindi, di arrivare alla pensione con redditi molto bassi, insufficienti per una vita dignitosa. Questo scenario si aggrava se consideriamo che molti di loro vivono già al di sotto della soglia di povertà, nonostante siano occupati.
L’aumento del costo della vita, soprattutto nell’ultimo decennio, ha contribuito a peggiorare ulteriormente la situazione. Il potere d’acquisto di queste generazioni è stato eroso da una combinazione di salari stagnanti e inflazione crescente. Spese essenziali come affitto, bollette e cibo sono diventate insostenibili per molti, costringendoli a dipendere da sussidi come la Carta Dedicata a Te.
Il fenomeno non è limitato a Chieti, ma riflette una situazione diffusa in molte aree d’Italia. A questo si aggiunge l’incapacità delle politiche sociali e del sistema di welfare di rispondere in modo efficace a queste nuove sfide, lasciando molti lavoratori senza un vero sostegno o una via d’uscita. Le istituzioni, pur riconoscendo il problema, non sembrano agire con la tempestività e la determinazione necessarie per cambiare questa realtà.
Quanto emerge da questa analisi è un grido di allarme che non può essere ignorato. Le sfide che si profilano nei prossimi mesi, con il rinnovo di contratti collettivi importanti come il CCNL Metalmeccanico, quello della Scuola e della Pubblica Amministrazione, potrebbero rappresentare un’opportunità per segnare un cambio di rotta. Solo azioni coraggiose potranno colmare il gap con gli altri Paesi e assicurare una maggiore equità e dignità lavorativa per queste generazioni, garantendo che il lavoro torni a essere uno strumento di emancipazione economica e non una trappola per la povertà.
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