Attualmente ci sono 42 conflitti “caldi” in atto nel mondo, ma solo di due sappiamo (parzialmente) qualcosa e quando ne parliamo, assumiamo sempre lo sguardo del tifoso e non del costruttore di pace, cioè di colui che non formula giudizi affrettati, ma conosce le cause e lo sviluppo delle cose e lavora per gli esseri umani e non per le costruzioni politiche, strategiche, militari: questo è stato lo sfondo ideale con il quale le Acli provinciali di Chieti hanno celebrato, lo scorso 26 ottobre, il loro congresso provinciale sul tema scelto dall’associazione nazionale, che caratterizza il percorso in tutta Italia, “Il coraggio della pace”. Un congresso di forte impegno, in cui i delegati dei circoli della Provincia hanno cercato di capire più che di “prendere le parti di”, sulla base dell’insegnamento di papa Francesco, che è rimasto attualmente l’unico concreto e serio cercatore di pace nel panorama politico mondiale. Il congresso è stato dedicato alla figura di don Stefano Buccione, accompagnatore spirituale delle Acli di Chieti da qualche anno, che proprio alla vigilia dell’assemblea è improvvisamente tornato alla casa del Padre, lasciando sgomenti tutti gli Aclisti, che lo hanno ricordato intensamente durante i lavori, ai quali aveva fortemente contribuito nella fase pre-congressuale.
Le riflessioni del presidente provinciale, Antonello Antonelli, che ha tracciato il quadro dei conflitti, dimenticati e non, attualmente in corso nel globo, e della responsabile provinciale del Coordinamento Femminile, Gabriella Orlando, che ha puntualizzato le coordinate dell’impegno degli Aclisti in vista della pace, hanno dato il la al dibattito congressuale che ha fatto proprie le esigenze del documento finale proposto dalla Presidenza nazionale, in cui a chiare lettere si precisa che “osare” la pace è un servizio culturale e politico, perché rappresenta un’azione coraggiosa, necessaria e concreta che richiede azioni intenzionali, mediazione e dialogo costante, sia a livello individuale sia di gruppo, sia sociale, sia istituzionale. Per questo gli uomini e le donne delle Acli, a partire dalla loro realtà concreta, sono chiamati ad andare controcorrente rispetto a modelli di violenza o divisione, disuguaglianza, emarginazione, razzismo, di ingiustizia sociale, a favorire un processo attivo di costruzione di relazioni, strutture sociali ed economiche che promuovano giustizia sociale e uguaglianza. La pace – è stata la conclusione – va costruita nei cuori e nelle menti attraverso l’educazione, i media, l’arte e la letteratura e la cultura della pace si basa su comportamenti e valori come l’empatia, la tolleranza, il rispetto reciproco e la diversità culturale.