Al Teatro Marrucino un trittico di Rota, Comitini e Menotti scalda i cuori degli spettatori, in una lucida ma divertente riflessione sulla modernità

Un’anteprima della stagione lirica fresca e contemporanea è andata in scena sabato sera al Teatro Marrucino, in collaborazione con l’Orchestra La Corelli di Ravenna, con la direzione del M° concertatore Jacopo Rivani e la regia di Lorenzo Giossi, durante la quale alcune tra le più celebri opere novecentesche si sono succedute sul palco teatino, divertendo ma anche commuovendo e scaldando i cuori del fedele pubblico del Teatro teatino, e proponendo un insolito connubio di sentimento e razionalità. In una cornice moderna e connotata da brillante ironia, la messa in scena de La scuola di guida di Nino Rota e della celeberrima opera Il telefono di Gian Carlo Menotti, unite dal “ponte” tutto contemporaneo del The discussion di Danilo Comitini, non ha messo in luce solo un’armonia tra due opere simbolo del Novecento e l’importanza delle invenzioni tecnologiche nella loro natura arricchente e disequilibrante al tempo stesso, ma ne ha rivelato uno sguardo fortemente attento alla vita dei sentimenti, degli stati più profondi dell’essere umano, grazie ad un’interpretazione vocalica e recitativa da parte dei protagonisti assolutamente in grado di creare un’unica storia in chiave moderna.
In un sottile equilibrio tra progresso e sentimento, ragione e irrazionalità, le vicende della soprano Mariska Bordoni nella sua interpretazione fresca e leggiadra di ragazza leggera, a tratti frivola ma sempre sincera e di buon cuore, e il baritono Gianandrea Navacchia, particolarmente abile nel mostrare un personaggio imbranato e spesso preda delle sue emozioni, si intrecciano al protagonista morale che permea le opere, il progresso, nelle sue espressioni concrete della macchina, dell’aspirapolvere e del telefono (ed infine anche del treno, simbolo di innovazione e collegamento nella lontananza, ma anche elemento negativo in quanto distruttore della purezza e autenticità della natura) che investono la vita e il quotidiano della società fino a toccare anche le relazioni umane più forti e autentiche. Ed è così che, da La scuola di guida, la protagonista, intraprendente e sognatrice alla guida di una macchina in cui ripone le sue speranze di girare il mondo con l’amore della sua vita ma finendo per fare un incidente, non seguendo le indicazioni del suo timido istruttore, si immerge, nel The discussion, in un frammento di quotidiano in cui, da un confronto sulle aspirapolveri, inizia una feroce discussione con il suo compagno che conduce al collasso generale, insaporita di una dimensione irrazionale e onirica che esprime tutta la forza emotiva del protagonista, in lotta con se stesso e con le sue tentazioni (simboleggiate da tanti piccoli angioletti e diavoletti danzanti); e infine, concludendo ne Il telefono, in un divertente sipario nel quale non sente la proposta di matrimonio del suo fidanzato, in quanto sempre impegnata a conversare al telefono, e finendo per riceverla tramite il telefono stesso, in una riflessione amara e malinconica, pur nella sua comicità.
È interessante, tuttavia, la riflessione più profonda e attuale proposta dal regista Lorenzo Giossi, nella quale non sfugge, ad esempio, il sapiente gioco di luci che accompagna i protagonisti, sottolineandone ulteriormente il carattere, e mostrando l’angelicità della protagonista, all’apparenza troppo legata al progresso ma vestita di bianco ed azzurro in quanto donna semplice e pura, a differenza del colore rosso che circonda gli scatti d’ira del protagonista, sopraffatto dalla sua stessa emotività che lo rende prima delirante e omicida nel The Discussion, e poi in preda all’isteria ne Il telefono, segno della sua sottesa incapacità di confrontarsi veramente con la modernità. Si può dunque parlare di un omaggio del regista ai contrasti in cui, pur nell’apparente condanna della tecnologia, ne sottolinea l’importanza nel saperla gestire e nel renderla un veicolo di unione, connessione e progresso, grazie soprattutto al telefono, dapprima quasi demonizzato ed elemento di disturbo nella dinamica di coppia, e poi unico mezzo di unione nella solitudine e nella distanza tra due amanti che si stanno separando, dandone la giusta importanza nella vita e nelle relazioni quotidiane.
Ma in un tale accostamento di tematiche così profonde ed attuali, la rappresentazione nella quale le tre opere hanno brillato non ha tuttavia perso la sua freschezza, grazie alla punta di diamante della serata, l’esibizione dello straordinario Coro di voci bianche del Conservatorio diretto dal M° Paola Ciolino, frutto dell’ormai storica collaborazione tra il Teatro Marrucino e il Conservatorio “L. D’Annunzio” di Pescara, che dai palchetti del Marrucino e sotto la direzione del M° Jacopo Rivani, ha inondato la messa in scena di candore e luminosità. Così come l’intervento del Corpo di danza di Paolo La Rovere, che ha visto sulla scena giovani ballerini (che, simboleggiando angioletti e diavoletti, esprimevano la lotta tra il Bene e il male che imperversava nel protagonista), si è rivelato una scelta assolutamente riuscita, trascinando non solo il personaggio ma l’intera platea nel mondo soffuso, onirico e ultraterreno, ma smorzandone in qualche modo la tragicità e la potenza emotiva umana, con leggerezza e dinamicità.
In un eccezionale connubio di romanticismo, riflessione, leggerezza e modernità, il Teatro Marrucino rivela nuovamente, dunque, il suo desiderio di elevarsi ad un sempre maggior livello di eccellenza e superiorità artistica e culturale, presentando titoli tra i più celebri e importanti della storia della musica, ma mantenendo sempre un occhio attento alla contemporaneità in una sorta di ponte ideale tra tradizione e sperimentazione che ha suscitato la soddisfazione e l’ovazione finale del pubblico.

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