Abbiamo incontrato la docente Annalisa Giuliani, autrice del libro “Contrappunto a quattro voci” che verrà presentato domani Giovedì 19 Agosto alle 21:15 presso il chiostro G.B. Vico a Chieti.
Classe 1968, residente ad Atessa, ha vinto vari concorsi per racconti brevi tra cui la menzione speciale (2013) ed il primo premio della giuria tecnica (con “Sogni nella casa di boungaville, 2015) del “Premio John Fante”. Il suo romanzo d’esordio, “l’amore coniugato”, ha ricevuto numerose recensioni e il consenso della critica.
Annalisa, dopo l’uscita del suo primo romanzo “l’amore coniugato”, a distanza di 4 anni, un nuovo libro sul più nobile dei sentimenti, l’amore. Ci sono similitudini tra le due pubblicazioni?
In entrambi i romanzi racconto l’amore ma da due prospettive diverse. Ne “L’amore coniugato” racconto l’amore vero quello che non finisce, ma si trasforma, passa di persona in persona, torna al punto di partenza. Sempre uguale, sempre diverso, coniugato appunto. In “Contrappunto a quattro voci” racconto il non amore, quello che lascia lividi sulla carne e ferite nell’anima. Ho voluto affrontare il tema della violenza domestica attraverso il sentire dei vari personaggi, soprattutto ho voluto toccare l’aspetto della violenza assistita.
”Contrappunto a quattro voci” racconta 4 storie difficili, dolorose, che danno voce alla solitudine di chi vive la parte “malata” dell’amore. In che cosa si differenziano tra loro?
Le voci che si rincorrono, e si intersecano in “Contrappunto a quattro voci” sono quelle di Viola, Emiliano, Ester e Edoardo, ciascun personaggio è accomunato da un vissuto di mancanze, vuoti e rimozioni. Viola è una madre maltrattata e rassegnata alla infelicità del suo matrimonio, Emiliano è il figlio adolescente che di fronte alla violenza del padre nei confronti della madre, sceglie di confinarsi nell’invisibilità e nel silenzio. Ester è l’insegnante di Emiliano che ascoltando prima il silenzio di Emiliano e poi il racconto doloroso di Viola, ritroverà la sua voce e sarà capace di comprensione, compassione e cura. Edoardo è l’uomo della misura e delle convenzioni, che non è stato capace di aiutare Viola ma che cerca di far pace con il proprio passato e le proprie omissioni.
Il tema della violenza sulle donne da qualche anno è stata portata al centro dell’attenzione pubblica, e nel 2019 è stata approvata una legge (cd. Codice rosso) a tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. Tuttavia il numero dei femminicidi continua a susseguirsi senza tregua in ogni paese, in ogni cultura, e in tanti contesti familiari. Cosa pensa che serva per incidere e sconfiggere definitivamente questa cultura di sopraffazione patriarcale e maschilista?
Nel nostro ordinamento giuridico il seme della violenza di genere è stato estirpato in epoca recente, basti pensare che fino al 1968 era previsto il reato di adulterio solo per la moglie, è nel 1975 che viene riconosciuto un modello di famiglia paritaria, solo nel 1981 viene meno il matrimonio riparatore e il delitto d’onore, e bisogna attendere il 1996 per annoverare lo stupro tra i reati contro la persona e non contro la morale. Dunque la strada verso un nuovo modello culturale è ancora tutta da percorrere. Se penso poi, in queste ore al dramma delle donne afgane, mi rendo conto che siamo ancora molto lontani dalla costruzione di una cultura altra. Non ho risposte certe e nemmeno ricette ma questo libro mi ha dato l’opportunità di conoscere il lavoro dei Centri antiviolenza sul territorio e il loro instancabile impegno, la sensibilità e la professionalità nei confronti delle donne maltrattate di cui sanno accogliere la parola e accompagnare il passo. Ho avuto modo di apprezzare in particolar modo il centro anti violenza Dafne di Lanciano il loro lavoro di informazione e di sensibilizzazione, la capacità di fare rete. Il loro è un impegno importante e fondamentale per quel cambio di rotta necessario per la costruzione di una società fondata sulla pari dignità delle persone.
Annalisa, da tanti anni svolge la professione di docente, prima come insegnante di diritto ed economia, e poi come sostegno ai ragazzi con disabilità. Pensa che un tema così importante debba essere trattato anche nelle aule scolastiche? La scuola può diventare il “principale veicolo” della cultura del rispetto di genere?
In questo romanzo una delle voci è quella di un’insegnante, la quale comprende il malessere del suo alunno e se ne prende cura. Ed è stato il tema di un alunno che ha ispirato la narrazione e che mi ha guidato nell’ascoltare le quattro voci e a raccontare la vita vera con le sue ferite e cicatrici. Credo molto nell’insegnamento, ed essere insegnante di sostegno è per me un privilegio, perché l’insegnante specializzato sul sostegno è una risorsa imprescindibile per costruire relazioni empatiche, per favorire un clima emozionale e motivante in cui ciascuno alunno viene valorizzato, in cui le diversità di cui la scuola è abitata diventano possibilità di confronto e crescita. Educare alla diversità significa educare al rispetto e alla reciprocità. Pertanto il tema del rispetto di genere deve essere centrale nella scuola dell’inclusione la quale deve superare la logica dell’ IO e dell’ALTRO ma educare al “NOI”.
Ha già pensato al suo prossimo libro? C’è qualche persona in particolare a cui vuole dedicare questa pubblicazione?
Ci sono sempre storie che bussano alla mia porta, io intanto le scrivo poi si vedrà.