Dal tardo latino calcanĕum, derivato da calx calcis, ossia “tallone”, come usavano già nella prima metà del XIV secolo, i medici la definivano la “parte deretana del piede”.
E subito ci tengo a sottolineare che calcagno e tallone non sono sinonimi. Anatomicamente classifichiamo il calcagno come l’osso più grande del tardo, posteriore, ubicato sotto l’articolazione della caviglia, costituente il tallone, quest’ultimo indicato come tutta la struttura del retropiede, ossia calcagno e tessuti molli.
È sicuramente l’area di maggior scarico Posturale e ponderale e, la sua struttura importante come osso compatto e corto, lo rende un ottimo smistatore di carichi verso le restanti strutture osteo-fasciali del piede (vedi le forze di compressione distribuite sui cinque raggi del piede).
Dunque calcagno più archi plantari più apparato digitale (le dita) costituiscono il sostegno di tutto il peso quando siamo in ortostatismo, durante il cammino e durante l’appoggio monopodalico (quando ci troviamo in equilibrio su un piede).
Bene, come tutti gli altri distretti osseo-articolari, anche l’os calcaneus incombe in disordini e patologie scheletriche tali da rendere fastidioso anche il singolo passo.
Parlando di calcagno in quanto osso il disordine più comune e che più va a tediare il paziente è sicuramente la famosa spina calcaneare, un becco osteofitosico davvero pungente che alla singola compressione di tutto il tallone fa vedere le stelle. Si proprio così perché il tipo di dolore urente e trafittivo (nei casi più seri e acuti) può risalire addirittura tutta la gamba e la coscia e rendere la deambulazione realmente difficoltosa e impacciata.
Chiaro ed evidente che il disordine posturologico poi è dietro l’angolo.
Questo insidioso sperone abnorme e anormale causa sovente flogosi e algia di tutto il tallone, conferendo la tallodinia, ossia dolore al tallone con conseguente infiammazione che prende il nome di tallonite. Il dolore calcaneare da osteofita può migliorare e scomparire con terapia farmacologica antinfiammatoria, crioterapia e terapia fisica conservativa, come ultrasuoni e onde d’urto, efficaci nel “scalfire” parte dell’aculeo osseo deformato. Utili ed efficaci le terapie infiltrative, per mezzo anche di una ecografia guidata, con coadiuvanti antidolorifici e antiflogistici.
Pertanto risulta essere un artrosi deformante del retropiede.
La Fasciosi plantare invece è la situazione di infiammazione meccanica della fascia plantare sino a coinvolgere il tessuto connettivo del tallone, con conseguente dolore del calcagno; in tale caso il problema non è conferito dalla presenza di uno sperone osseo bensì da sovraccarichi funzionali e posturali errati. La biomeccanica del piede è complessa, 26 ossa, 33 articolazioni e oltre un centinaio di annessi cutanei e tessuti molli come muscoli, legamenti e tendini, in una completa orchestra sinfonica che ne stabilisce movimento, sostegno e armonia. Pertanto attenzione ad attività sportive troppo sollecitanti, corse all’aperto prive di idoneo riscaldamento, al peso corporeo (obesità fattore scatenante una fascite plantare).
In ogni caso, un RX di piede con due proiezioni e un’ottima ecografia muscolo-scheletrica forniranno una corretta diagnosi differenziale tra dolore al tallone per osteofita calcaneare o per semplice affaticamento e sovraccarico della struttura del retropiede (che appunto non presenta la tipica deformità ossea).
Ognuno di noi ha un “tallone di Achille” ovvero un punto debole, e se anche il pelide Achille aveva un tallone fragile, noi comuni mortali siamo ampiamente giustificati nelle nostre fragilità e nella nostra precarietà, cosa che mi esorta a dire come monito professionale
“Non abbattersi mai dinanzi una difficoltà”.
Auguro a tutti i lettori delle serene festività natalizie e un nuovo anno ricco di soddisfazioni e felicità.
Al prossimo articolo targato 2025.
Dr Marco Strona