Io e Mario Gianfrate non abbiamo una amicizia datata. Eppure, malgrado questo handicap temporale, ho avuto modo di scambiare con lui, opinioni e riflessioni sull’epoca che stiamo attraversando oltre a rimembrare i suoi ricordi proprio in terra d’Abruzzo. Originario di una Regione superba, quale la Puglia e dove Bari ne ha visto la nascita, ha dedicato la sua vita professionale e umana all’insegnamento e al giornalismo vero. Quello in cui gli articoli venivano stilati sulle rumorose Olivetti e che in più di una occasione hanno disturbato il riposo notturno dei suoi vicini vista la mole di riflessioni che egli dedicava alla politica e alla scuola. Scrittore talentuoso e sensibile ha più volte trattato i temi vicini ai giovani, campo in cui già in età giovanile ha viso il suo impegno nel volontariato come educatore. Erano gli anni ’70. Anni difficili per una nazione intrappolata tra politici e bande criminali. Durante una delle nostre ultime telefonate e grazie ad una coincidenza di lavoro, spuntò nel dialogo la città di Chieti. Incuriosito del particolare volli saperne di più e ciò fu per il Direttore (come lo chiamo io affettuosamente n.d.r.), l’occasione per viaggiare con la memoria e tornare a quegli anni. Aveva da poco terminato l’esperienza a Locorotondo sempre in una Comunità giovanile. Gli arrivò la notizia che Presso la “Città Dei Ragazzi” di Chieti cercavano un profilo professionale idoneo alla sua preparazione. Pochi giorni dopo l’Abruzzo lo accolse e quell’esperienza segnerà per sempre la sua vita. Ciò che si trovò ad affrontare all’interno di quell’Istituto situato tra la periferia di Chieti e Pescara, divenne una prova incredibile da affrontare. I ragazzi ospitati al suo interno e sotto la direzione di un parroco dal carattere forte e autoritario, provenivano da situazioni familiari drammatiche. Con la sua sensibilità e mettendosi a disposizione per ascoltare tutti e tutto, egli venne accettato da quei giovani bistrattati dalla vita e che avevano bisogno soltanto di qualcuno che li sapesse ascoltare. Il legame costruito con impegno e attenzione permise al Docente di portarli in giro per la città soffermandosi poi in qualche forno artigianale che con maestria sfornava focacce prelibate. Mille gli aneddoti raccontati dall’ex Docente spesso accompagnati da un leggero velo di malinconia. Su di tutti, uno di questi frammenti è rimasto stampato nella sua mente. Durante una notte d’estate si trovò a passeggiare nei pressi di un’area verde a respirare la frescura proveniente dall’Adriatico. Improvvisamente dal terreno si sollevò un vero e proprio tappeto composto da una miriade di lucciole luminose che catturarono la sua fantasia. Uno spettacolo che non ebbe modo di osservare mai più. Quell’esperienza seppur breve lasciò una traccia indelebile nel suo animo. Lo noto mentre lo ascolto in religioso silenzio. Mi ha promesso di tornare ancora sull’argomento tanto ad esso è legato. Prima di salutarci mi racconta un ultimo dettaglio. Quando lasciò la scuola, non volle conservare nulla di quei periodi. Ma conservan nel suo studio un dipinto realizzato da una sua classe di scuola media. In quel ritratto egli appare la centro della classe con un grande cuore rosso stampato sul petto. Si lamenta per questa tipologia di scuola che poco ascolta. Comprendo il suo sfogo. E ripenso a quei giovani che hanno avuto la fortuna di averlo come insegnante e come amico. Già, altre epoche, altri Professori. Forse una Chieti più romantica.
Un ultima cosa: la professionalità e l’indiscutibile umanità di quel giovane docente arrivò anche nell’animo del burbero prete dell’epoca. Alla sua partenza da Chieti volle ripagarlo con un omaggio che mai si sarebbe aspettato e che conserva tra i suoi ricordi segreti. Oltre alle lacrime di quei giovani disadattati che davanti ad un treno vollero accompagnarlo verso il suo ritorno a casa. Forse per un breve periodo della loro vita drammatica, qualcuno li fece sentire meno soli…