Intercettazioni e sospensioni: destituito l’agente accusato di spaccio in carcere

CHIETI. È diventato definitivo il licenziamento dell’ex agente della polizia penitenziaria in servizio alla casa circondariale di Madonna del Freddo, accusato di aver introdotto e ceduto cocaina all’interno dell’istituto. La conferma arriva dal Consiglio di Stato, che con una sentenza depositata dopo l’udienza del 6 novembre ha respinto l’appello dell’uomo – originario di un piccolo comune del Chietino – contro la misura disciplinare adottata dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nel maggio 2022.

La vicenda affonda le radici nelle indagini avviate alcuni anni fa, quando l’allora assistente, già trasferito tra Piacenza, Chieti e Pescara, finì sotto inchiesta per presunte cessioni di cocaina in carcere fino al dicembre 2017. L’impianto accusatorio si basava su messaggi e intercettazioni telefoniche, inizialmente scaturite da un filone investigativo piacentino relativo all’uso illecito di una carta di credito sottratta a un collega. Da quelle captazioni emerse un quadro di conversazioni ritenute compatibili con un’attività di spaccio, pur in assenza di sequestri, indicazioni di quantità o identificazione degli acquirenti.

Parallelamente al procedimento penale, si aprì il fronte disciplinare: prima la sospensione cautelare dal servizio, poi la destituzione. A pesare, oltre alle contestazioni relative allo spaccio, fu anche il comportamento del dipendente, che – cessati gli effetti della sospensione – non rientrò in servizio sostenendo di essere ancora “sub iudice”. Un argomento definito privo di fondamento dai giudici amministrativi, secondo i quali la pendenza di istanze non lo esonerava dall’obbligo di eseguire ordini relativi alla propria posizione lavorativa.

Nel valutare la proporzionalità del provvedimento, Palazzo Spada ha richiamato quanto già rilevato dal Consiglio centrale di disciplina della polizia penitenziaria: un curriculum costellato di «numerose e gravi sanzioni disciplinari» e ripetuti giudizi di «insufficiente» nel periodo 2017-2020. Lo stesso Tar di Parma, nel 2022, aveva già respinto il suo ricorso.

Con la decisione del Consiglio di Stato, la destituzione diventa così definitiva. L’ex agente è stato inoltre condannato a pagare 3mila euro di spese legali.

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