TEATE SERVIZI: IL BARATRO DELLA CLASSE POLITICA TEATINA

Non so cosa accadrà alla nostra società partecipata; se sarà dichiarato il fallimento, se sarà posta in liquidazione o se un miracolo riuscirà a salvare capre e cavoli. Quel che so è che la situazione attuale è un indice  inequivocabile dell’incapacità di un’intera classe politica.

In questi giorni sta andando in scena un indegno “spettacolo” fatto di insulse rivendicazioni ed  inutili, reciproche, accuse che non portano a nulla e servono solo a spostare l’attenzione sull’unico dato che dovrebbe essere evidenziato: da quando è nata, sino ad oggi, nessuno ha avuto le capacità e la volontà di far funzionare correttamente la TS.

Come ho già scritto nel recente passato, da un lato è sin troppo facile addossare le colpe agli amministratori unici e/o ai direttori, dall’altro era ed è sin troppo facile attribuire a Teate Servizi le cause di tutti i mali del nostro Comune.

Le responsabilità, tutte, sono ascrivibili solo alla classe politica teatina perché comunque la si voglia vedere, la politica sceglieva i vertici della società e sempre la politica aveva il potere/dovere di dotarla di tutti gli strumenti per farla funzionare come avrebbe dovuto e soprattutto, di vigilare sul suo corretto funzionamento.

E a quanto mi risulta, Chieti, almeno dal 2005 ad oggi, è stata amministrata tanto dal centro destra, quanto dal centro sinistra (…).

Come ho scritto, gli esiti di questa vicenda sono al momento imprevedibili (almeno per me) ma occorre comunque pensare alle conseguenze ed ai riflessi che questi possono avere innanzitutto sulla tenuta dei conti del Comune visto che l’ente è il socio unico di Teate Servizi.

Pensare ad un serio piano di ristrutturazione aziendale che garantisca serie prospettive di recupero è ormai un’utopia. Non si è fatto in 10 anni ed è ben difficile che si possa fare in 15 giorni (…).

E’ quindi doveroso pensare ad una eventuale alternativa a TS che possa continuare ad erogare gli stessi servizi in favore dell’ente.

Stando alle previsioni della Legge Madia tuttavia, nei 5 anni successivi al fallimento le amministrazioni pubbliche (leggasi il Comune) non possono costituire nuove società né mantenere partecipazioni in società che gestiscano gli stessi servizi di quella fallita.

Gli spazi di manovra sono quindi ridottissimi e in un simile contesto di tutto abbiamo bisogno fuorché di duellanti che si punzecchiano a distanza

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