SE NON HANNO ACQUA CHE COMPRINO LE AUTOCLAVI

Ottavio Argenio

Parlare di acqua non è mai semplice perché il tema è veramente vasto ed esteso ed abbraccia molteplici aspetti. Farlo in questi giorni di crisi però è ancora più arduo perché si rischia di dare giudizi troppo condizionati dalla rabbia e dalla frustrazione.

La cittadinanza, soprattutto a Chieti Scalo, è ormai allo stremo soprattutto perché, dopo anni di disservizi, l’unica soluzione che l’ACA è riuscita a prospettare è stata quella di suggerire l’acquisto e l’installazione di autoclavi senza pensare che questa pseudo soluzione non può certo soddisfare le legittime richieste degli esercizi commerciali i cui titolari sono spesso conduttori di contratti di locazione.

Che ci sia un profondo malcontento in città è sin troppo evidente e questo risentimento è comprensibile e giustificato.
Sulla gestione del servizio idrico integrato le domande che attendono risposta sono ancora tante, decisamente troppe e risalenti nel tempo.
Servirebbe fare chiarezza, ad esempio, sui tanti soldi che il Comune di Chieti aveva in bilancio fino al 2017 e che dovevano servire per migliorare e potenziare la rete idrica ed il sistema fognario.
Allo stesso modo sarebbe utile capire cosa non ha funzionato nel sistema ERSI – Assemblea dei Sindaci allorquando proprio l’ACA venne scelta come società a cui affidare la gestione del sistema idrico integrato per la nostra città.

A parte i problemi “politici” però è anche vero che il nostro malcontento affonda le sue radici nel modo in cui, malgrado tutto, continuiamo a considerare l’acqua. Quasi fosse una fedele compagna la cui presenza siamo abituati a dare per scontata.
Purtroppo però non è così, per varie ragioni, alcune delle quali dipendono oltre che dalla gestione politico-amministrativa di questa fondamentale ed irrinunciabile fonte di vita e di tutto quanto ruota intorno al suo approvvigionamento, uso e depurazione, anche da noi stessi.

Con ogni probabilità infatti non siamo ancora pronti ad ammettere ed a riconoscere che l’acqua sta diventando ogni giorno di più, un bene scarso e prezioso. Continuiamo a servircene anche abusandone quando basterebbero pochi accorgimenti per ridurne sensibilmente il consumo.

Eh si, l’acqua, almeno quella potabile, si consuma. Per rendersene conto di persona è sufficiente recarsi in zona San Martino, sul fiume Pescara, ed osservare la qualità dei liquidi reflui che vengono restituiti al fiume al termine di quello che dovrebbe essere il ciclo di depurazione dopo il nostro quotidiano utilizzo.
Aspetto questo su cui ci sarebbe veramente tanto da dire, scrivere e soprattutto, fare!

La nostra quotidianità tuttavia, unita al nostro essere tendenzialmente abitudinari, ci impedisce di renderci conto di quanto delicato sia il circolo dell’acqua salvo poi restare sorpresi ed amareggiati quando si verificano problemi piccoli o grandi come quelli che stiamo vivendo in questa estate siccitosa in cui la scarsità delle precipitazioni ha pesantemente inciso sull’approvvigionamento idrico.
Anche qui ci sarebbe da aprire una parentesi visto che la siccità sembra essere legata ai cambiamenti climatici che a loro volta sono strettamente connessi con il nostro irrinunciabile stile di vita e con il modello socio-economico che abbiamo scelto di abbracciare.

Ma i discorsi troppo complessi interessano poco, sebbene siano quelli che converrebbe veramente approfondire. Il popolo vuole che l’acqua fluisca dai rubinetti, senza se e senza ma.

Ed allora occorrerebbe trovare una quadra, servirebbe che le forze politiche convergessero verso un unico obiettivo a breve/medio periodo.
Ad esempio incalzare ERSI (e quindi Regione), affinché dia concretezza alle funzioni che gli sono attribuite per Legge e per Statuto ed ACA, affinché intervenga seriamente sulla rete idrica per ridurre o meglio, eliminare le perdite che da decenni e nonostante i milioni di euro spesi, continuano ad essere un serio problema per Chieti e non solo.
E dire che gli strumenti ci sono e ci sarebbero anche partners istituzionali, come le università, che potrebbero essere interessati ad una collaborazione in vista del concreto utilizzo di metodi e tecnologie che risultano esser state sperimentate e collaudate già da diverso tempo.

L’ottimo si otterrà solo quando la politica capirà veramente quanto importante sia l’acqua, intesa non solo come servizio ma soprattutto come irrinunciabile bene pubblico primario ed inizierà a muoversi compatta lungo un percorso comune in vista dell’unico obiettivo già chiaramente indicato dal referendum del 2011.
Questo è l’unico vero presupposto al verificarsi del quale le cose potrebbero iniziare a cambiare seriamente in meglio.
Nell’attesa che ciò auspicabilmente accada, anziché discutere sulle responsabilità di questo o quello schieramento (tanto le responsabilità in questo come in altri casi sono sempre equamente ripartibili), sarebbe apprezzabile se qualcuno volesse iniziare a darsi da fare per ottenere che ACA ed ERSI inizino a tappare qualche falla dalla rete colabrodo ed a meglio gestire l’intero servizio integrato per evitare che la prossima stagione si ripetano, con tutti gli aggravi già da ora ipotizzabili, gli stessi disservizi, le stesse sofferenze, le stesse discussioni.

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