Svolgere un’attività sportiva in età adolescenziale è di fondamentale importanza per svariati motivi, ma principalmente per la salute e perché il movimento è considerato un ottimo sfogo, anche per staccare dalla scuola.
Ma com’è possibile non pensare alla scuola, anche se si è studente atleta?
Lo studente atleta è, alla carta, un alunno e uno sportivo agonista che nel contesto scolastico ha agevolazioni, del tipo giustificazione delle assenze dovute agli impegni sportivi e interrogazioni programmate, che dovrebbero consentire di armonizzare lo studio e l’attività agonistica.
Tuttavia, 9 volte su 10 le misure previste e che sarebbero di fondamentale garanzia per i ragazzi non vengono rispettate, pertanto essi si ritrovano con fatica ad utilizzare interamente il tempo delle loro giornate, nulla concedendo allo svago, per essere sempre eccellenti su entrambi i fronti, giacché uno dei requisiti principali per ottenere il titolo di studente atleta è avere una buona media scolastica e per essere studente atleta non può mancare la qualità delle prestazioni in campo.
Ci sono numerosi casi di ragazzi che fanno parte di associazioni sportive che grazie al loro talento sono selezionati per delle opportunità uniche. Ma non di rado si ritrovano soli di fronte a responsabilità e scelte difficili da affrontare e le numerose cose a cui pensare spesso sono ragione di disorientamento, paura, ansia e afflizione.
Diventano invisibili di fronte ad una richiesta di aiuto e troppe volte la scuola è impermeabile e considera banalmente un’assenza o l’essere impreparati nel momento di una verifica solo la giustificazione a cui ricorre un alunno impreparato.
Da questo l’idea del ragazzo di mettere da parte la scuola, la famiglia e gli amici, per realizzare il proprio sogno.
Dove per molti sarebbe importante ricevere approvazione e sostegno da parte dei docenti, non essendoci né l’una né l’altro, si pone il caso di una decisione importante: focalizzarsi sullo sport o sull’istruzione? Naturalmente, essendo agonisti, i ragazzi si ritroveranno inclini a scegliere di porre al primo posto lo sport nella determinazione ad investire gran parte della loro vita per raggiungere l’obiettivo.
Ma cosa accade poi in un ragazzo quando va incontro a un fallimento sportivo?
La scuola, sotto considerando l’importanza che un alunno assegna all’attività sportiva praticata, presta interesse solamente all’andamento scolastico e, se per caso lo vede distratto, a seguito di una delusione sportiva e demotivato, rincara la dose con commenti sgraditi che vanno a gravare sulla condizione psicologica del “poveretto” che si ritrova incompreso e riconosciuto solo come un numero fra tanti.
Ciò che è più grave però è che in quei momenti di distrazione vengono commentate le sue scelte: “Lo sport non ti porterà da nessuna parte!” oppure “Dovresti mettere la scuola davanti a tutto!”, a malapena ricordando che si sta parlando di uno studente atleta.
Insomma la scuola spesso infierisce e dà spazio a commenti a dir poco fuori luogo, con il risultato di mortificare aspirazioni e indurre a rinunce.
Perché quando si fallisce vengono in mente dubbi sulle proprie capacità nell’uno e nell‘altro fronte; svanisce il sogno di una carriera gratificante e troppe volte la conclusione è l’abbandono dello sport che si ama, perché non ci si reputa all’altezza.
La scuola dovrebbe garantire l’applicazione di tutte le misure che per legge vanno riconosciute a chi pratica attività agonistica, non solo sulla carta ma nella sostanza, perché lo studente atleta non debba trovarsi nella difficoltà di coltivare insieme istruzione e formazione professionale e non sentirsi costantemente in difetto.
Ma giacché nella vita numerosi sono gli ostacoli che s’incontrano, mai abbandonare un sogno per giudizio di terzi, perché se si ha la consapevolezza di potercela fare, allora le imprese riescono.
Giorgia Panella