Il Gonzaga in pillole: “Il passo breve dalla donna angelo alla donna nella nostra società”, di Giorgia Panella

Nel Duecento, a Firenze, il “Dolce Stilnovo”, tratta la tematica della nobiltà d’animo come dote spirituale e il suo rapporto con la capacità d’amore, di cui l’elemento principale è la donna, amata, lodata e onorata da tutti, considerata perfetta, angelo, destinato a pochi eletti, perché simbolo di salvezza.
Ma la donna della società di quel tempo non poteva prendere decisioni di alcun tipo perché non aveva alcun diritto.
Non sarà anche a causa di questa antica idealizzazione, se abbiamo combattuto e continuiamo a combattere al fine di ottenere diritti che dovrebbero esserci riconosciuti, non perché donne, ma perché esseri umani e di conseguenza parte integrante della società?
Troppo spesso in questo ultimo periodo del nostro vissuto, simboli del fallimento di questa società, sono anche quei numerosi fatti che chiamiamo femminicidi.
Vera Slepoj, psicanalista, evidenzia come un femminicida abbia incolpato la sua vittima della propria infelicità, ovvero come “ha trasferito nella sua storia sentimentale tutta la sua visione ideale”.
Proprio come Dante aveva fatto con Beatrice.
Nel primo canto del paradiso, quando Dante vi fa ingresso, è accolto da Beatrice che ha il compito di intuire e chiarire i suoi dubbi, poiché in lui permane sempre una curiosità intellettuale da soddisfare.
Una donna vittima di femminicidio, avrà quasi certamente avuto il “compito” di comprendere e aiutare il suo assassino, quando egli minacciava di farsi del male poiché senza di lei, della donna considerata il “suo personale angelo”, non sarebbe stato in grado di continuare a vivere.
Beatrice è donna amata da Dante per la sua bellezza interiore, per la grazia e la modestia dei suoi gesti.
La comparazione tra un femminicida e Dante può avere senso nel momento in cui, il modo affascinato, estasiato e delicato con cui Dante guardava a Beatrice, oggi snaturato, diviene frutto di ciò che viviamo.
Perché il punto è che la donna, nel corso della storia e attraverso eventi che hanno completamente cambiato il nostro modo di essere e vivere, ha assunto ruoli: di madre, di moglie, a fatica, di lavoratrice e potremmo continuare con un elenco infinito. Per arrivare alla conclusione che, se in questa società tutti hanno un ruolo, la donna ne ha collezionati molti di più di qualsiasi uomo. E questo è il fulcro del problema.
Insomma, noi donne, non siamo persone ma personaggi che hanno ruoli nella vita di altre persone, ma non nella propria.
Se mi innamoro e mi sposo divento una moglie, è questo il mio ruolo nella vita del mio uomo.
Se genero dei figli divento una madre, è questo il mio ruolo nella loro vita.
Se intraprendo un percorso di lavoro divento una collega, perché sarà questo il mio ruolo nella vita di uno specifico gruppo di persone.
Ed io nella mia vita che ruolo ho?
Ho realmente il ruolo di protagonista?
Non sono la donna angelo di qualcuno?
Kierkegaard, filosofo e teologo danese, scrive un diario sul “seduttore”, nel quale sostiene come l’uomo viva tre fasi nel corso della sua vita.
Nella prima, l’uomo è dominato dal desiderio, per cui cerca disperatamente il piacere, che verrà sostituita successivamente dalla seconda, quella etica e infine da quella religiosa.

La grande tragedia della sua vita fu l’amore per Regina Olsen, che lasciò pochissimi giorni prima del matrimonio, nonostante l’immenso sentimento provato l’uno per l’altra, perché aveva capito che la vita di coppia non era cosa che facesse per sé e perché temeva che avrebbe finito per odiarla.
A San Lorenzo, quartiere romano, c’è un murale in memoria di tutte le vittime di femminicidio.
E quando si odia una donna che si è amata. può succedere che questa donna finisca su quel muro.
Perché succede questo? Perché questa deve essere per forza un’opzione?
Perché per secoli la cultura ha relegato la donna a ruoli subalterni quando non l’ha intesa esclusivamente un oggetto. E nella cultura del capitalismo in cui viviamo gli oggetti li usiamo e li gettiamo via.

Lo Stilnovo ha prodotto un immaginario di donna fragile e inarrivabile e qualcuno avrà sicuramente frainteso, interpretato male e relegato peggio.

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