Ospite della rubrica “Tra le righe” è Danilo Sciorilli artista visivo nato ad Atessa (CH) nel 1992, attualmente vive e lavora a Torino. Nel 2022 è andata in scena la sua mostra personale all’interno del TanExpo, in uno spazio di più di mille metri quadri, “No time to die”, a cura di Giacinto Di Pietrantonio. È stato protagonista di altre tre mostre personali: “The Big Crunch”, nel 2019, a cura di Grazia Paganelli e con il sostegno del Museo Nazionale del Cinema di Torino; “Immortality Super Sale”, nel 2020, a cura di Giacinto Di Pietrantonio e diffusa per la città di Torino; “Fino alla fine del tempo”, nel 2021, a cura di Linda Fossati per ArtDate, organizzato da The Blank, a Treviglio. Ha partecipato inoltre a numerose collettive in tutta Italia.
Danilo Sciorilli è presente alla Milano Art Week dedicata all’arte contemporanea, con un progetto espositivo dal titolo “Distanze comoventi”. Il giovane e talentuoso artista abruzzese esporrà, dal 12 aprile presso la fondazione “Stelline di Milano” sei opere istallative declinate in varie forme espressive: disegno, animazioni video, scultura, rappresentazione totemica.
“DISTANZE COMOVENTI” è una narrazione visiva in cui l’artista si interroga sul tema della vita e della morte chiedendosi se tra l’inizio e la fine può nascondersi e rivelarsi l’eternità.
Il titolo fa riferimento al linguaggio della cosmologia, la distanza comovente è un modo per definire le distanze tra oggetti celesti in maniera indipendente dal tempo. Non è difficile definire e calcolare la distanza tra due oggetti nella realtà di tutti i giorni. E’ possibile ricorrere alla tecnologia per misurare distanze tra oggetti celesti nel nostro sistema solare, ma quando si vuole andare molto più lontano sia nel tempo che nello spazio, cadono i sistemi di riferimento, tutto si confonde generando visioni distorte del nostro Universo. Ecco che bisogna ricorrere alle distanze comoventi un sistema di riferimento che prescinde dal tempo e considera gli oggetti celesti come se non si muovessero. Danilo Sciorilli con la sua arte ci mette di fronte a profondi interrogativi: che distanza vi è tra a vita e la morte? Quale unità di misura può essere utilizzata? Che forma ha il tempo?
Quando si è impegnati a vivere, la morte non ha forma e spessore, è una rimozione, un punto talmente lontano, un puntino invisibile ad occhio nudo che non è contemplato nelle agende e nei calendari. Quando si giunge al termine della vita, la morte è il punto d’arrivo che non consente percorsi a ritroso, la vita sbiadisce, si smaterializza, diventa un punto evanescente. Tra i due punti, così incommensurabilmente distanti è quindi tracciabile una traiettoria comovente, eppure le opere di Danilo Sciorilli, sono in movimento, esse sono com(m)oventi, si muovono insieme, vita e morte danzano in un movimento che obbliga alla riflessione, si muovono e commuovono, portando in superficie il sentire più profondo. Così il visitatore riconosce il suo respiro nel respiro dell’artista che affida le sue parole alla luna. Non solo i poeti, i sognatori insonni, i viandanti, ma ciascuno di noi da sempre ha innalzato la propria “Confessione alla luna”, ad essa ha affidato segreti e sogni. “Che fai tu luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna?” cantava il poeta dell’Infinito insieme al pastore errante, così facciamo anche noi erranti nel nostro tempo. Da sempre in viaggio e in cerca di allargare il nostro sguardo oltre il visibile, oltre la razionalità per ricercare quel frammento d’eterno, “A boundless drop” quella goccia sconfinata che racchiude l’essenza che ci sopravvive. La vita non ha bisogno di una favola come “L’ambrosia” per essere dilatata, né può essere “sospesa” con il rischio di cadere come un palloncino di piombo: “Go over like a lead ballon”, la vita ha bisogno di essere liberata da ogni finzione, deve essere vissuta pienamente perché se la morte non aspetta, non aspetta nemmeno la vita: “Cause all we got is here to lose”. La mostra si conclude con “L’allegoria dell’ a-tempo” che ci riporta all’ interrogativo iniziale: che forma ha il tempo?
L’artista sembra suggerirci che il tempo è solo un’invenzione, una dittatura decretata dagli orologi che non ha forma di linea ma quella di cerchio. Gli orologi si inceppano, la meridiana perde la luce e passato, presente e futuro si confondono. I granelli di sabbia della clessidra invertono la rotta andando verso l’alto. Il tempo non è altro che una grandezza incerta. E all’interrogativo iniziale si può rispondere con un movimento commovente dell’anima: forse il tempo ha la forma di un otto rovesciato.
Tra le righe di “Distanze comoventi” si può incontrare quel frammento d’eterno che abita ciascuno di noi. Ho chiesto a Danillo Sciorilli di parlarci di sè e delle sue “Distanze Comoventi”, delle sue alchimie artistiche esposte nella splendida cornice milanese.
1) Per iniziare parlaci un po’ di te, chi è Danilo Sciorilli?
Può sembrare banale ma paradossalmente è una delle domande più difficili che mi abbiano mai fatto. Questo perché nessuno può auto-definirsi artista, devono essere sempre gli altri – il pubblico – a farlo.
Io mi vedo come un moderno Don Chisciotte.
2) Quando e’ nata la tua passione per l’arte?:
Avrò avuto quattro anni, è uno dei primi ricordi della mia vita: avevo disegnato una Luna con una matita su un foglio bianco e poi l’ho toccata con il dito. Così sono stato il primo uomo a toccare la Luna, tutto il resto è venuto di conseguenza.
Ho tanti ricordi poi legati al disegno, come quando a sei anni mia madre mi ha fatto capire disegnando Cip&Ciop che riesco naturalmente a ridisegnare quello che vedo o quando nelle scuole elementari durante i laboratori creativi che organizzavano la Maestra Rita e la Maestra Giacinta avevo visto che l’arte era più bella della vita. O meglio, che la vita è più bella se mischiata all’arte.
3) Come è nata l’idea di “Distanze comoventi”?
Distanze comoventi nasce dalla personale che l’ha preceduta, No time to die, all’interno di TanExpo. Questa è la fiera più grande del settore delle pompe funebri e in uno spazio enorme di BolognaFiere vendevo tre diverse soluzioni di immortalità (una del corpo, una dello spirito e una dell’immagine). Poi in realtà è difficile rintracciare un punto di origine reale, perché potrei andare avanti a ritroso rispetto No time to die e trovare un secondo punto di nascita più antico e così via.
Come mi ha fatto notare Davide Dall’Ombra, uno dei curatori di Distanze Comoventi, il mio modus operandi è molto simile a quello di un attore di strada: giro con la mia valigia, colma di opere, che riallestisco nel punto in cui la apro. Tutte le mie opere, così come quelle che non ancora esistono, nascono da questa valigia che mi porto dietro.
4) Solo per incuriosire, raccontaci cosa troverà il visitatore TRA LE RIGHE di “Distanze comoventi”?
Io mi auguro, gli spettatori troveranno tutte le domande che ho voluto porgli, che poi sono le stesse che mi pongo io quando realizzo un’opera. Per Distanze Comoventi il discorso generale verte sull’idea di fede, non in senso strettamente religioso, e su cosa essa sia. Alla fine dei conti se crediamo davvero in una cosa allora è vera, il mio lavoro trai vari verte anche su questo concetto.
5) Se dovessi scegliere una sola parola per descrivere la tua arte quale sarebbe?
Speranza ed illusione. Ne scelgo due, ma solo perché per me sono due aspetti della stessa cosa che si rincorrono senza sosta.
La mia lettura TRA LE RIGHE:
“….e mi sovvien l’eterno”
Buona visione.