Durante l’estate del 2020, nel pieno della campagna elettorale, l’ex amministrazione del Comune di Chieti si aggiudicò l’appalto dei lavori per la riqualificazione straordinaria di piazza San Giustino. I lavori iniziarono nel mese di settembre e, come era prevedibile, pochi giorni dopo riemersero alcuni reperti storici. Testimonianze d’epoca, tra cui quella dello storico Vincenzo Zecca di fine ‘800, raccontano di ciò che un tempo si è trovato ricoperto e forse distrutto in quell’area, un tempo denominata “Colle Gallo”.
“C’era una volta un colle che si ergeva come ultima propaggine della Montagna Madre verso il mare, vicino ad altri colli abitati tra boschi e radure da uomini e donne che vivevano in capanne. Si raccontava che la costellazione di Orione vegliava su questa parte di mondo..” fantasticava così su Facebook, l’archeologa Rosanna Tuteri, allora responsabile d’area funzionale per il settore archeologico presso la SABAP-Abruzzo.
Si presume che in origine il colle fosse una necropoli, poi successivamente distrutta nel periodo romano. Una sepoltura preromana è stata rinvenuta, tagliata a metà in seguito al passaggio di un condotto idrico costruito nel 1891. La famosa sepoltura femminile, ribattezzata Marouca, appartiene invece all’epoca ellenistica, fine IV e inizio III sec. a.C., rimasta fortunatamente intatta, nonostante gli interventi sull’area avvenuti durante i secoli. Dal suo corredo funerario si evince una “sepoltura principesca”, ossia una donna aristocratica della società italica, da non confondere con il titolo nobiliare di principessa. Dagli scavi sono riemersi i resti di una Domus, ovvero un’abitazione privata di famiglie nobili dell’antica Roma, decorata da mosaici pavimentali e da pitture parietali. È stato ritrovato l’antico mosaico, segnalato già nel 1880 dall’Ing. Mazzella, durante la realizzazione di un serbatoio idrico, detto il “cisternone”. Sembra che lo stesso mosaico sia una parte della Domus attribuibile al senatore romano Caio Asinio Gallo, dove alcuni storici ritengono sia proprio nato a Teate, ossia a Chieti. Da qui si spiega il nome “Colle Gallo”. Ad ogni modo non ci sono prove certe e i motivi di questo nome possono essere diversi. Undici anni dopo, intorno il 1890-91, la città costruì una fontana proprio sopra il mosaico, per festeggiare l’arrivo del condotto idrico che portava l’acqua dalla Maiella. La fontana ebbe una vita breve, ma molto intensa, perché da quello che si tramanda, bagnava i passanti durante le giornate di vento.
Tornando alla Domus, essa poi fu in parte distrutta per costruirci un grande serbatoio idrico romano a quattro sale, posto alla base della gradinata del portale principale della Cattedrale. Ed è proprio nell’intercapedine del serbatoio che si è trovata una testina di Venere, reperto romano, replica di una scultura ellenistica. Un reperto fuori contesto temporale, quasi a indicare che a lasciarla in quel sito sia stata una mano medievale. Sopra le mura del serbatoio è stata rinvenuta una sepoltura infantile con tre monete, tra cui una attribuibile all’età carolingia. Si pensa che intorno al IX sec. d.C. ci fosse un grosso cantiere in atto, a causa della presenza di piccoli impianti produttivi, come le calcare e le fornaci ceramiche, probabilmente per costruire la cattedrale di San Giustino. Per quanto riguarda la fase medievale è riemersa una sterminata serie di fosse granarie, successivamente utilizzate come scarichi. Purtroppo nel tempo molte cose sono state perse, per esempio è noto che nel 1897 il Comune realizzò un progetto per prolungare la strada del corso Marrucino, a quei tempi chiamato “Corso Galliani”. Di conseguenza piazza San Giustino fu abbassata di due metri, per cui molti resti sono stati distrutti o riportati già alla luce.
Oggi gli scavi archeologici si sono conclusi e si sta procedendo con gli interventi di riqualificazione della piazza. I resti architettonici, pavimenti e le strutture murarie sono state ricoperte. Non ci sarà nessun museo a cielo aperto, ma la buona notizia è l’accordo tra Comune e Soprintendenza che prevede la realizzazione di un centro di documentazione sui reperti denominato “Millenni a Colle Gallo”, che sarà ubicato nei locali sotto il Palazzo D’Achille.
“Godiamoci questo museo, si spera il prima possibile, perché il resto rimarrà sepolto”, spiega Stefano Fagnano, autore del blog il Fronte Comune Teatino. Movimento che fin dai primi scavi tenne viva l’attenzione sui ritrovamenti, invitando la cittadinanza e la politica a scoprire e a valorizzare il nostro patrimonio archeologico. Resta il fatto che molte cose non sono state scoperte per mancanza di tempo e risorse, perciò bisogna accontentarsi di quello che è stato documentato grazie alla Soprintendenza. Il pensiero va sicuramente alle antiche sepolture, alla Venere dai capelli ondulati, al mosaico studiato dallo storico Zecca e soprattutto alla donna teatina Marouca, che per miracolo si è salvata nel corso dei secoli, chissà per quale ignoto destino.